C’è poi la transazione con Radio Cuore 2 che ha ceduto un’unica frequenza ad Aviano in provincia di Pordenone contro le 6 di Radio Padania. Sia la frequenza ceduta da Radio Cuore che quelle cedute da Radio Padania sono state valutate 225 mila euro. Lascia pensare che la sola frequenza di Aviano, strategica quanto si voglia per la radio leghista, possa valere da sola 225 mila euro. Sullo scambio con Radio 101, che ha consentito ai leghisti di irradiare sulla città di Bologna, una segnalazione era arrivata all’Autorità Antitrust che, però, ha deciso di non avviare alcuna inchiesta non ravvisando ipotesi di concentrazione del mercato radiofonico e pubblicitario. L’eventuale irregolarità probabilmente non era questa come si evince facilmente dall’andamento dei fatti.
Gli esempi fin qui illustrati su acquisizioni di nuove frequenze e “permute” correlate fanno comprendere concretamente come nell’ipotesi minima (200 frequenze acquisite) il patrimonio di Radio Padania, grazie a questa “marcia su Roma” dell’etere, si è accresciuto di almeno15 milioni di euro o di 25 nella migliore (250 frequenze). L’avvocato Lualdi getta acqua sul fuoco: “Non parlerei di ‘fenomeno’, posto che è la normale applicazione di una norma prevista dal nostro ordinamento. Personalmente ritengo che la vicenda sia semplicemente strumentalizzata a livello politico. Ben altre sono, a mio avviso, le prioritarie attenzioni che necessiterebbe l'etere italiano. Poco rilevante appare, quindi, attribuire un valore economico agli impianti interessati dai negozi giuridici”. Non si direbbe proprio a leggere i rogiti notarili delle “permute” concluse da Radio Padania con altre emittenti radiofoniche commerciali.
Lualdi non può fare a meno di confermare che le frequenze si possono vendere: “non risultano vincoli normativi espliciti all'alienazione di detti impianti dietro corrispettivo economico. Tuttavia Radio Padania, anche in forza del predetto parere ministeriale, ha posto in atto operazioni di permuta per conseguire il proprio obiettivo di copertura che, diversamente, in molte primarie località non avrebbe potuto essere raggiunto stante l'impossibilità di attivare impianti ex novo”.
Forse può far riflettere come il fatturato di Radio Padania che nel 2006 era di 109 mila euro nel 2007 sia schizzato a 1,5 milioni di euro e nel 2008 sia ulteriormente cresciuto a 1,88 milioni. Semplice: potenza commerciale degli agenti pubblicitari padani che hanno fatto sfracelli. Peccato che Radio Padania sia una radio comunitaria e non commerciale: cioè può trasmettere ogni ora non più di 3 minuti di spot pubblicitari. Gli spot non mancano e chissà se qualcuno si è preso mai la briga di verificare il rispetto dei limiti di legge. E’ l’ultimo dei problemi. Il far west su questo versante è generalizzato (la prima a sforare i tetti pubblicitari è Mediaset) salvo una severa multa qua e là a una innocua cerentola dell’etere di provincia che non può creare problemi e magari non ha gli strumenti per difendersi.
Come se non bastasse con la legge finanziaria del 2005 (sempre con emendamento dell’attento Caparini) viene stanziato 1 milione di euro, replicato anche negli anni successivi, per il potenziamento e l'aggiornamento tecnologico nel settore della radiofonia. I soggetti che possono usufruire del contributo sono quelli indicati al comma 190 della Finanziaria del 2004, cioè: le "emittenti radiofoniche nazionali a carattere comunitario". Le uniche due emittenti che rispondono al requisito sono, anche in questo caso, Radio Padania Libera e Radio Maria, che si spartiscono 500 mila euro l’anno.
A questo ben di Dio si aggiungano i finanziamenti del dipartimento per l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. All’editoriale Lega Nord che edita il quotidiano La Padania sono andati solo nel 2008 poco più di 4 milioni di euro, circa 28 milioni di euro negli ultimi 6 anni. Anche Radio Radicale, si dirà, prende 4,153 milioni di euro come contributi seppure sotto forma di convenzione per registrare e trasmettere le sedute parlamentari o altri eventi di pubblico interesse. Si risponderà: almeno è un servizio di pubblica utilità invece che gli improperi leghisti propinati ai poveri indolenti terroni statalisti. Alcuni milioncini di euro li beccano anche Ecoradio (3,354 milioni) e Radio Città Futura (2,283 milioni), la prima radio ufficiale dei Verdi e la seconda attiva nella stessa orbita politica della sinistra radicale.
Certo i costi di gestione non si possono negare: la manutenzione degli impianti e la gestione del personale salvo, poi, ingaggiare giornalisti con contratti di collaborazione coordinata e continuata, se non peggio, per mascherare rapporti di lavoro a tempo pieno e quindi risparmiare sui costi. L’ex presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia Franco Abruzzo ha conoscenza diretta di almeno sei casi del genere su 7 dipendenti dichiarati dall’amministratore di Radio Padania Cesare Bosetti. L’ultimo è stato quello di Rosanna Sapori, licenziata il giorno stesso in cui ha fatto l’esame di Stato per diventare professionista dopo che l’Ordine lombardo le aveva riconosciuto il praticantato d’ufficio. L’ex presidente dell’ordine lombardo chiese allora alla Lega di applicare la “legge Biagi”, voluta dal ministro Maroni. In passato l'Ordine ha riconosciuto almeno 6 praticantati d’ufficio alla Padania dello stesso tenore. “So personalmente – scrive Abruzzo - che l'amministratore del giornale, senatore Stefani, si è infuriato quando l'Inpgi gli ha presentato il conto (500 milioni di vecchie lire di contributi evasi). La Padania e Radio Padania, vivono di soldi pubblici, che arrivano da "Roma ladrona" perciò nei posti in cui sono utilizzati quattrini della Repubblica Italiana le leggi della Repubblica Italiana devono essere rispettate fino in fondo”.
Se Radio Padania e Radio Maria ringraziano, centinaia di piccole emittenti radiofoniche nazionali vanno su tutte le furie e rimuginano per un sistema di fatto bloccato, pieno di adempimenti burocratici, regolamenti, controlli e multe a volontà su mille cavilli. Le denunce di questa disparità di trattamento sancita per legge sono partite, sotto varie forme e con varie intensità, dalla rete. Tra i primi a sollevarle i blog sardi El Giramundo e Sardegna Hertz che, infastidi, hanno cominciato a spulciare frequenza per frequenza la marcia sull’etere sardo di Radio Padania Libera . Ne viene fuori un’interrogazione al consiglio regionale della Sardegna, se ne accenna con varie sfumature anche nei meet-up di Beppe Grillo o su qualche altro blog. “Mentre le voci dell’etere a carattere locale muoiono una dietro l’altra, – affermavano in un appello all’allora ministro delle Telecomunicazioni Paolo Gentiloni (Pd) promosso da El Giramundo - tra l’indifferenza generale, si consente a Radio Padania di guadagnare milioni guadagnare di euro nel sud d’Italia, grazie alla vendita delle frequenze occupate in virtù di una legge firmata da un deputato della Lega?” E mentre su questo versante si chiedeva l’abrogazione della legge nel giugno 2007 una levata di scudi arrivava anche dall’Associazione Lucana Internazionale che denunciava “Radio Padania sta tentando attraverso un consulente di Milano e con l’aiuto dei soliti noti in Regione di impossessarsi gratuitamente delle frequenze delle radio lucane…” che “ottenute attraverso una scappatoia legislativa a titolo gratuito le andrebbe a vendere a caro prezzo ad editori radiofonici nazionali”.
Angelo Vitale