Quando 5-6 anni fa a Cagliari, Palermo, Trapani, Gallipoli, Salerno, Avellino cominciarono a sentire via radio gli sfoghi dei lumbard o dei veneti incazzati per l’invasione degli extracomunitari e degli insegnanti terroni, gli sconci costumi gay-trans o quant’altro potesse svilire la nobile razza padana anche quei simpatici terroni statalisti la lessero come una nota di folclore, un tentativo di far proseliti in terra sudica da parte di Bossi & co. Pochi, molto pochi, si chiesero cosa c’era sotto. Ivi compreso il giornalista collaboratore del Corriere Economia (inserto settimanale del blasonato Corsera) al quale l’amministratore unico di Radio Padania Cesare Bosetti raccontava che questa crescita della copertura dell’emittente anche nel sud “è stato un caso” e parlava di “shopping meridionale”. “C’era una volta”, invece, una di quelle solite leggine ad hoc approvate in sordina e di cui la politica italiana è ormai maestra.
Un provvedimento del Governo Berlusconi, abilmente celato all'interno della Legge Finanziaria del 2001, permetteva solo ed esclusivamente alle radio nazionali comunitarie, cioè Radio Maria e Radio Padania, di occupare in deroga alle norme vigenti nuove frequenze in ogni parte d'Italia per "completare" le loro rispettive coperture, contrariamente a quanto previsto da tutte le leggi che regolamentano il settore radiotelevisivo, dalla Mammì in poi. Nessuna emittente pubblica, privata, locale o nazionale può, infatti, da anni occupare nuove frequenze. Ma la cuccagna non finisce qui. Trascorsi 90 giorni dall'attivazione dei nuovi impianti, queste due emittenti radiofoniche diventano a tutti gli effetti “autorizzate”, proprietarie della frequenza che possono rivendere o scambiare anche da subito.
L’emendamento era stato presentato dal deputato leghista Davide Caparini, fondatore di Radio Padania Libera. Classe 1967, bresciano (camuno per l’esattezza, nel 1997-1998 è stato amministratore delegato dell’Editoriale Lega Nord che governa il giornale, la radio e la tivù della Lega. Oggi continua a esserne socio. E’ anche amministratore unico (dal 1997) di Mediapadania, la concessionaria pubblicitaria degli organi d’informazione del partito di Umberto Bossi. In parlamento dal 1996 Caparini è stato nella XIII e XIV legislatura componente della Commissione Parlamentare di Vigilanza per i servizi radiotelevisivi, della quale è stato anche Vice-presidente (24/09/2001 – 27/04/2006). Nella XV legislatura Davide Caparini è componente della Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni. Un modo per presidiare con le sue cointeressenze e competenze sul settore il territorio dell’emittenza radiotelevisiva pubblica e privata a difesa dei valori e della razza padana.
Da 2002 è cominciata la colonizzazione dell’etere nell’Italia centrale e meridionale “quasi esclusivamente da parte di Radio Padania, posto che Radio Maria ha un'illuminazione pressoché completa del territorio nazionale”, ci ha spiegato l’avvocato Massimo Lualdi, legnanese, esperto in diritto della radiodiffusione, consulente di circa 250 imprese operanti nel settore editoriale italiano. E tuttavia anche Radio Maria non è stata a guardare cedendo, ad esempio, due frequenze acquisite nella zona di Como ad Elemedia (gruppo L’Espresso) per Radio Capital e Radio Deejay.
Almeno 200-250 le frequenze occupate dalla radio padana, che hanno fatto lievitare quantomeno il valore patrimoniale della società che gestisce l’emittente leghista, hanno spesso consentito scambi di frequenza con Radio 101, emittente radiofonica del gruppo Mondadori, controllata da Mediaset e quindi da Silvio Berlusconi. Fra i beneficiari dello scambio ci sono pure RTL, Radio Cuore Network, Radio Italia, Radio Montecarlo e Radio Dimensione Suono. L’acquisizione di ciascuna frequenza contempla anche l’ipotesi della vendita che rinfresca con centinaia di migliaia di euro le casse della società. A voler fare due conti una frequenza può valere mediamente dai 75 mila ai 100 mila euro ma possono valere molto di più se è strategica per l’acquirente, se non ci sono spazi come capita spesso nelle aree metropolitane o comunque ad alta densità abitativa, lì dove le grandi radio e i network vogliono esserci a tutti i costi. Un caso limite, c’è da pensare, è quello di Radio Maria che ha venduto alla Rai per la modica cifra di 10 milioni di euro una frequenza che coprisse la città di Milano con un segnale pulito di Radio 2. Una sorta di contributo occulto all’enclave cattolica, che è meglio non mettersi mai contro? Del resto una conferma indiretta arriva dalle lamentele in sede di assemblea per l’approvazione del bilancio della radio leghista da parte dell’eurodeputato Matteo Salvini, da sempre animatore principe dell’emittente padana, sulla cattiva ricezione del segnale a Milano. L’Amministratore Unico riferisce che “si tratta di problemi tecnici generati dall’articolata rete dei ponti radio” mentre “le frequenze su Milano continuano ad essere poco ricevute dai radio ascoltatori”. In effetti a sintonizzarsi è bel “gracchiare” poco gradito all’orecchio. L’Amministratore “ritiene che attualmente non vi siano i presupposti economici per l’acquisto di un nuova frequenza radio su Milano che risolva i problemi lamentati”.
Così pure Cesare Bosetti nell’intervista al Corriere Economia, lungi dal citare i vantaggi della legge, ci tiene a dire con orgoglio che “subito dopo lo shopping meridionale, è riuscito ad acquistare frequenze a Bologna (profumatamente pagata – sic! - 1,5 milioni di euro) e a Reggio Emilia (350 mila euro)”. Peccato che dalle carte ufficiali viene fuori una versione differente dei fatti. Nel marzo del 2008 Radio Padania acquisiva la frequenza di Bologna San Luca grazie a una “permuta” (almeno sulle carte ufficiali) con Radio 101. La radio del gruppo Mondadori aveva acquisito a sua volta la frequenza da Latte&Miele. Radio Padania aveva ceduto in cambio 11 frequenze dislocate tra Sassari, Nuoro, Cagliari, Venezia e Udine stimate 1,650 milioni di euro contro il milione e 550 mila euro attribuito alla frequenza bolognese di Radio 101. Dalla “permuta” la radio leghista ne ha guadagnato anche 100 mila euro. Analogamente è avvenuto per Reggio Emilia. A maggio del 2008 Radio Dimensione Suono cedeva una frequenza a Viano (provincia di Reggio Emilia) che consentiva a Radio Padania di coprire appunto il capoluogo emiliano in cambio di 5 frequenze occupate gratuitamente in precedenza dall’emittente leghista a Vione (Bs), Olbia, Dorgali (Nu), Gallipoli e Otranto (Le). Tutto valutato appunto (e questo corrisponde con le affermazioni di Bosetti al settimanale economico del Corsera) una cifra pari a 350 mila euro. O ancora 12 frequenze scambiate con R101 e stimate 580 milioni di euro, altre 5 cedute sempre sotto la formula della “permuta” alla radio mondadoriana in cambio di 3 frequenze. In questo caso nel conguaglio delle valutazioni la radio della Lega Nord ha incassato anche 40 mila euro in più.